CPL - Cinema e legalità

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L’Istituto “Manzoni”, in quanto sede del Centro di Promozione della Legalità (CPL) di Mantova, propone una riflessione sui temi della corruzione e della criminalità organizzata attraverso il cinema. Il progetto si articola in due parti: tre proiezioni pomeridiane, corredate di analisi e commento, rivolte agli studenti del triennio sulla base di una adesione volontaria (A); promozione di percorsi curricolari che ogni docente potrà proporre e gestire autonomamente in classe (B).

 

A. Percorso pilota. Cinema e legalità: “il gioco dei potenti”.

La rassegna intende approfondire alcuni aspetti legati al tema della “legalità” e nel contempo     educare al linguaggio cinematografico attraverso il confronto tra diversi modelli critici. Salvatore Giuliano di Francesco Rosi consentirà una analisi fondata sull’approccio storico-sociologico, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri una riflessione basata sulle teorie  psicoanalitiche; il modello stilistico-formale, ispirato alle riflessioni di Gilles Deleuze,  verrà affrontato nell’ultimo incontro dedicato alla proiezione di La mafia uccide solo d'estate di Pierfrancesco Diliberto.

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B. Temi e rassegne

  • Mitizzazione e parodia della mafia nel cinema

In nome della legge di Pietro Germi (1949) - 99 minuti

Pretore settentrionale in Sicilia si trova in conflitto con un potente latifondista. Lo aiutano, vincendo l'omertà e la paura, la popolazione locale e persino un capomafia. La Sicilia e la mafia (quella di vecchio stampo) raccontata (e mitizzata) dal giovane Germi tenendo d'occhio i western di John Ford. Vigoroso, qua e là affascinante film d'azione anche se sociologicamente poco attendibile. Tratto dal romanzo Piccola pretura del magistrato Giuseppe Guido Lo Schiavo. Tra gli sceneggiatori Fellini e Monicelli. Neorealista? Sì, forse, comunque romantico e con ambizioni e struttura da romanzo. Anticipa il filone del cinema civile degli anni '60. Il primo western del cinema italiano postbellico. Nastri d'argento per Girotti e Urzì. Premio speciale per Germi.AUTORE LETTERARIO: Giuseppe Guido Lo Schiavo.

 

L'onorata società di Riccardo Pazzaglia (1961) – 75 minuti

Accusati di aver sedotto le figlie di un pezzo da novanta, due goffi picciotti sono raggiunti a Roma dai sicari della mafia che li riportano in Sicilia. Dopo averli voluti con sé a far tappezzeria in Appuntamento a Ischia (1960), Modugno, trasformatosi in produttore, punta sulla buffoneria di Franco e Ciccio. È il 2° di 133 film (fino al 1981) dei 2 comici siciliani che qui non fanno ancora i mattatori. La parodia è di grana grossa, ma non grossolana, con un certo puntiglio nella costruzione narrativa.

 

Il padrino di Francis Ford Coppola (1972) – 175 minuti

Quando nel 1945, dopo aver dominato per due generazioni un clan di mafia italoamericana, Don Vito Corleone muore, suo figlio Michael accetta con riluttanza di occuparsi degli affari di famiglia. Imparerà presto. Da un romanzo (1969) di Mario Puzo che l'ha sceneggiato con il regista, è la storia di un sistema familiare e di clan con sottofondo nostalgico per la forza di quei legami che nell'America di oggi sembrano svalutati (come fu letto dalla maggioranza del pubblico), ma possiede anche una profonda e fertile ambiguità. C'è il parallelismo mafia-politica che diventa equivalenza nel Padrino-Parte II; c'è la magistrale ricostruzione di un'epoca e di una morale del crimine, di una struttura patriarcale più italiana che americana. Coppola sa di cosa parla e ne sa le ragioni anche se non le condivide: il suo sguardo è più distaccato che affascinato. Spaccò la critica in due ed ebbe ovunque un grande successo. 7 nomine e 3 Oscar: film, sceneggiatura e M. Brando.AUTORE LETTERARIO: Mario Puzo

  • Per una antropologia della mafia

 

Il sasso in bocca di Giuseppe Ferrara (1969) – 105 minuti

Realizzato con la consulenza di Michele Pantaleone, è un film di analisi e di denuncia, in bilico tra documentario e finzione, della criminalità mafiosa in Sicilia di cui l'esordiente regista, ex critico e saggista, registra metodi, misfatti, collusioni e protezioni altolocate, mettendo in evidenza anche i legami tra la mafia isolana e la criminalità organizzata italoamericana (John F. Kennedy, Enrico Mattei). Il mix tra frammenti di repertorio, sequenze di film (Salvatore Giuliano di Rosi) e fatti di cronaca ricostruita è rozzo e schematico, ma non privo di una sua giornalistica efficacia.

 

Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese (1990) – 145 minuti

Cresciuto a Brooklyn, l'italo-irlandese Ray Hill (Liotta) ha una sola aspirazione: diventare un gangster. Ci riesce, ma finirà per denunciare i compagni, rassegnandosi a un'esistenza grigia. Un film sulla mafia gangsteristica italoamericana diverso dagli altri. Con l'occhio impassibile di un antropologo, su una sceneggiatura scritta con Nicholas Pileggi e tratta dal suo romanzo Wise Guys, Scorsese racconta la normalità del delitto al quale non concede nemmeno attenuanti psicologiche o sociali. La morte violenta v'incombe nei modi più efferati, ma in questa storia di piccoli operai del crimine conta la vita quotidiana dei goodfellas: comportamenti e riti familiari, differenze etniche, sottigliezze verbali, rapporti tra famiglia e Famiglia, come lavorano, si vestono, stanno in cucina, si divertono. Come "si fanno". Non è un romanzo, ma una relazione clinica. Senza lieta fine né catarsi. 6 candidature agli Oscar, vinse J. Pesci, attore non protagonista.AUTORE LETTERARIO: Nicholas Pileggi

 

Ragazzi fuori di Marco Risi (1990) – 116 minuti

Che cosa succede ai ragazzi di Palermo quando escono dal riformatorio? Questo il tema di un film scomodo che divise i critici, indispettì i politici, scandalizzò i benpensanti. Un film di scorrevole scrittura giornalistica e televisiva, seguito di Mery per sempre (1989), anch'esso scritto dal siciliano Aurelio Grimaldi.

  • Corruzione

 

Il Magistrato di Luigi Zampa (1959) - 105 minuti

Nell'indagare sull'aggressione di un appaltatore portuale a Genova, un giudice istruttore (J. Suarez) vede la sua inchiesta arenarsi in un intreccio di omertà, soprusi, loschi interessi. Inoltre, vivendo a pensione in una casa piccoloborghese, è testimone della crisi economico-morale di questa famiglia che sfocia in tragedia.

 

Le mani sulla città di Francesco Rosi (1963) – 110 minuti

In un quartiere popolare di Napoli crolla un palazzo. Il costruttore Eduardo Nottola se la cava grazie a intrallazzi politici, cambia partito e diventa assessore all'edilizia. Italia, Italia! Leone d'oro a Venezia, è un film politico che rifiuta le soluzioni romanzesche e spettacolari. Rosi espone seccamente i fatti e non nasconde il giudizio. Bello e coraggioso come un editoriale dell'"Espresso" dei tempi d'oro. Oratoria? Sì, ma nutrita di dolore, indignazione, lucidità.

 

Il giudice ragazzino di Alessandro Di Robilant (1993) – 110 minuti

Il 21 settembre 1990 sulla superstrada Canicattì-Agrigento morì, in un agguato mafioso, il giudice Rosario Livatino. Aveva 38 anni. Ispirato a un libro di Nando Dalla Chiesa (il titolo è preso da un'irridente e incauta locuzione del presidente della Repubblica Cossiga) che analizza il perverso intreccio tra politica, affari e criminalità in Sicilia e la funzione di supplenza che una parte della magistratura ha svolto nei confronti del potere politico, inefficiente o corrotto. Con qualche invenzione romanzesca e alcune semplificazioni narrative, il film _ scritto dal regista con Ugo Pirro e Andrea Purgatori _ ne segue la falsariga quasi in punta di piedi, riuscendo a suggerire con finezza l'atmosfera impalpabile e intossicata della mafia quotidiana.AUTORE LETTERARIO: Nando Dalla Chiesa.

  • “Vite parallele”

 

La scorta di Ricky Tognazzi (1993) – 92 minuti

Al centro della storia c'è un magistrato inviato da Varese a Marsala in sostituzione di un collega ucciso dalla mafia. Ma il vero tema è chi sono e come vivono i poliziotti che lo proteggono. Senza alzare la voce e nelle secche cadenze di una constatazione, è un film di denuncia riuscito, accessibile a spettatori di diversa sensibilità e cultura. L'energia, l'incalzante tensione narrativa, le controllate ridondanze sentimentali, la plastica definizione dei personaggi fanno di R. Tognazzi il più americano dei registi della sua generazione.

 

Placido Rizzotto di Pasquale Scimea (2000) – 110 minuti

Come e perché Placido Rizzotto, segretario socialista della Camera del Lavoro di Corleone (PA), scomparve la sera del 10 marzo 1948, ultima tappa di una lunga serie di omicidi politici commessi in Sicilia dal 1944 in poi. 1° film sulla mafia, ideato e diretto da un siciliano. P. Scimeca ha come punti di riferimento Ciccio Busacca e Danilo Dolci, un cantastorie impegnato e un educatore poeta e utopista, ma anche Salvatore Giuliano di Rosi come esempio della necessità di reinventare i modi di raccontare il Sud, pur essendone, nel suo antinaturalismo, stilisticamente lontano. Nonostante qualche slabbratura (l'enfasi musicale degli Agricantus), l'intreccio tra mito (la cadenza da ballata di un cantastorie), storia, antropologia culturale, tecniche da romanzo giallo (gli ultimi 20 minuti), ha un forte spessore narrativo che gli dà una dimensione tragica. Il finale con Dalla Chiesa e Pio La Torre, future vittime della mafia, che si danno la mano non è una trovata retorica: rivela che è "un film di morti che parlano di morti e che a loro volta verranno rimpiazzati da ulteriori morituri" (A.G. Mancino). Grolla d'oro per la sceneggiatura.

 

Alla luce del sole di Roberto Faenza (2005) -  90 minuti

Palermo, 15 settembre 1993: un colpo di pistola lascia agonizzante, nel giorno del suo 56° compleanno, il siciliano don Pino Puglisi, parroco di san Gaetano, che guardando negli occhi il suo assassino mafioso gli dice: "Vi aspettavo". Con una sceneggiatura, firmata, oltre al suo, da 5 nomi (G. Arduini, G. Maia, D. Gentili, F. Gentili, C. Del Bello), sintomo di una preparazione tormentata, dopo Marianna Ucrìa Faenza torna in Sicilia, non più terra di bellezza ma di criminalità organizzata che compenetra una società rassegnata, in bilico tra complicità, paura e disperazione. Film disadorno che lascia parlare i fatti, cronaca di una morte annunciata, quella di un prete che toglie i bambini dalla strada affinché non diventino i futuri manovali al servizio di padroni mafiosi. Aiutata dalla presenza di un attore come Zingaretti, la cinepresa spia la coscienza intrepida e presaga di un sacerdote abbandonato anche dai suoi superiori. Qui, però, Faenza si fa un po' troppo reticente. È una morte che non lascia segni visibili. Se esistono sono sotterranei, in attesa di emergere, anche nella realtà, alla luce del sole. 49° Premio S. Fedele 2005.

 

I cento passi di Marco Tullio Giordana (2000) – 114 minuti

100 passi separano a Cinisi (Pa) la casa del giovane Peppino Impastato da quella di Tano Badalamenti, boss mafioso. Figlio di un affiliato subalterno alla mafia, Peppino sfida il padre, l'autorità costituita, la DC locale collusa con la mafia, finché nel maggio del '78 lo uccidono. Storia vera, scritta dal regista con Claudio Fava e Monica Zappelli. È un film generazionale: la dimensione della memoria di chi come Giordana, Fava e lo stesso Impastato fu giovane negli anni '70 (lontananza tra padre e figli, radio libere, contestazione studentesca, sinistra divisa) non è soltanto nostalgica e privata, ma s'innesta in una realtà politica più ampia e complessa. Non a caso assumono forte rilievo i genitori di Peppino. È come se, sotto il segno di Pasolini, Giordana coniugasse la lezione del cinema politico italiano dei '60 (Le mani sulla città esplicitamente citato) con quella hollywoodiana di Il padrino. All'origine del successo c'è l'impasto di passione e ideologia, ricordo e impegno che sfocia nell'alta retorica dei funerali conclusivi in bianconero sulle note di "A Whiter Shade of Pale" dei Procol Harum. Premio per la sceneggiatura a Venezia e Grolla d'oro per gli attori (Lo Cascio e Burruano). Nastro d'argento alla sceneggiatura. 5 premi Donatello (Lo Cascio, Sperandeo non protagonista, E. Montaldo costumi, sceneggiatura e David per la scuola).

 

Eroe borghese di Michele Placido (1995) – 93 minuti

Nel 1974, l'avvocato Giorgio Ambrosoli viene nominato commissario liquidatore della Banca Privata Italiana. Quarantenne, uomo corretto, onesto ed innamorato della moglie Annalori e dei tre figli - Filippo, Francesca, Umberto - si mette al lavoro, mentre all'esterno clienti e depositari tumultano per i loro conti. Lavoratore indefesso, Ambrosoli non sa ancora in quale groviglio di misteri si trova e quale sfida si è assunto: la Banca, con sede a Milano, è infatti del siciliano Michele Sindona, ultrapotente finanziere.

  • Etica aziendale

 

Margin Call di J.C. Chandor  (2011)-109 minuti

Wall Street. Eric Dale, uno dei capi settore di una grossa banca di credito finanziario, viene licenziato in tronco. Ha solo pochissimo tempo per prendere i suoi effetti personali ed andarsene. Fa in tempo però a consegnare una chiavetta di computer al giovane analista Peter Sullivan dicendogli di fare attenzione. Peter, dopo che i suoi compagni di lavoro sono usciti, scopre che i dati che emergono dai file di Eric dicono che la banca, appoggiandosi su azioni virtuali, ha le ore contate. Sullivan mette in allarme le alte sfere e si convoca nella notte una riunione di emergenza. Bisogna decidere in tempi rapidissimi il da farsi o il crollo dell'Istituto sarà verticale. Le scelte da compiere dovranno fare (o non fare) i conti con l'etica.

È una storia nota quella che il film dell'esordiente J.C. Chandor ci racconta. Una storia di cui paghiamo e pagheremo a lungo le conseguenze. Lo fa con i mezzi che il cinema ha a disposizione e con un cast di alto livello capace di trasformare la fiction in una efficace rilettura del vero. Ci aveva già provato (riuscendoci) Oliver Stone con Wall Street - Il denaro non dorme mai. Ci riesce con ancora maggiore efficacia questo film perchè non ha nel proprio bagaglio un precedente successo planetario a cui fare riferimento come invece Stone aveva.

Chandor sceglie la via della didattica grazie a dialoghi efficaci tra cui risultano particolarmente illuminanti quelli che si intrecciano con il boss dei boss John Tuld interpretato da un Jeremy Irons in piena forma luciferina. C'è un mondo là fuori che sta per essere travolto da uno tsunami finanziario senza precedenti per la forma e le modalità. Quegli uomini debbono decidere della sorte dell'umanità dovendo valutare se anteporvi o meno la propria.

Con la fluidità del cinema di denuncia di alto livello a cui il cinema americano riesce periodicamente a fare ritorno Margin Call riesce a farci comprendere come il destino di miliardi di persone finisca con il concentrarsi nelle mani di pochi nonostante tutte le discettazioni sulla democrazia. È nello stupore del giovane Peter come nell'amarezza di segno diverso dei veterani Sam ed Eric che leggiamo l'amara verità dei nostri tempi. Chandor riesce a spiegarcelo (come gli chiede in riunione Tuld) come se lo dovesse far capire a un bambino o a un Golden Retriever. Gli va riconosciuto questo merito non secondario.

 

Insider-Dietro la verità di Michael Mann (1999) – 127 minuti

New York 1995. Lowell Bergman (Pacino), responsabile del popolare programma giornalistico "60 Minutes" della CBS, convince lo scienziato Jeffrey Wigand (Crowe), licenziato dalla Brown & Williamson Tobacco Corp., a rivelare che i suoi datori di lavoro aggiungono additivi chimici alle sigarette per rafforzare l'assuefazione al fumo. La CBS è sottoposta a forti pressioni, ma la trasmissione va in onda. Per Wigand il costo è alto: pace, sicurezza economica, matrimonio. I fatti sono veri, e diedero inizio a un'indagine che alle multinazionali del tabacco costò sanzioni da parte di 50 Stati, per un totale di 256 miliardi di dollari.

 

1981: Indagine a New York (A Most Violent Year) di J.C. Chandor (2014)-125 minuti

New York City, inverno 1981. Un immigrato che insegue l'American Dream, si troverà a vivere insieme alla sua famiglia uno dei periodi statisticamente più violenti in città: la violenza, il degrado, l'avidità e la corruzione, infatti, rischieranno di distruggere tutto ciò che lui ha costruito...

 

Le recensioni sono tratte dal Dizionario dei film di  Laura, Luisa e Morando Morandini.